Al mio corpo
che mi è stato dato in prestito
attraverso il quale passano le galassie e i misteri delle stagioni
Che talvolta temo e biasimo
per il suo peso e i segni del tempo
Poesie e Racconti
L’attimo si ferma
nel momento esatto in cui
il tuo respiro mi passa tra le costole
come un’onda ancestrale
primitiva
dove il tempo è sospeso
Tu sei l’uomo che io sarei
se i miei cromosomi fossero XY
Quando i tuoi suoni mi pervadono
sono a casa Continua a Leggere
Fluido
Eterico
Lieve
Vaga, dopo che ha trovato solo porte chiuse
cancelli di convenzioni
scelte preistoriche
ingranaggi malefici che non gli cedono il passo
Eppure egli vola:
leggero
incosciente
vorace
puro e dolorante
entusiasta
Bussa sfinito alle porte del sogno
Per un attimo si placa
troppo poco
non gli basta
Oltre la sua volontà
rinnova la traiettoria
avvia strade ancora sconosciute
le percorre veloce
e finalmente può svolgersi
Morbido
Avvolgente
Corporeo
Certo di essere a casa e trovare riposo.
l’immagine è tratta da un dipinto di Mara Bevione.
Partendo per un viaggio senza meta
con il semplice vuoto che ti oscilla in testa
una confusione esaltante
Il centro stilla preziosa linfa
che invade decisa tutto il tuo essere
Il silenzio è uno schiaffo
un passo in più diviene scabroso e necessario
Filtri che si dissolvono
L’urgenza che prende il sopravvento
Venti favorevoli
L’ancora più non tocca la sabbia
Il firmamento impazzito vortica sui pensieri
Le acque calme accolgono l’urgenza
L’affine attende
Suggerisce, traccia
Il timone risponde e docile si lascia girare.
IL CORREDO
Oltrepassavano i muri con i loro suoni, cadenzati e acuti, inseguendosi nell’aria fino ad arrivarle alle orecchie. Ascoltarli, era quello che più le piaceva sentire, quando la mattina tornava su questa dimensione. Ogni giorno era l’inizio di una avventura nuova, non si aspettava niente, ma era certa che tutto fosse là ad aspettarla. Un tintinnio di porcellana, due donne, le loro voci lontane quel che bastava per non sentire le parole. Profumi di timo, pomodoro a soffriggere, odori che arrivavano lenti e intensi fin dentro il sonno della domenica. Uno sbattere di sportello, frammenti di risate, rumori di passi, in cucina la vita era già iniziata, mentre, accovacciata tra le lenzuola, assaporava le impronte dei sogni appena lasciati. La luce filtrava decisa dalle persiane verdi a indicare che ora di alzarsi, eppure, Caterina, preferiva indugiare, come se avesse paura di consumare troppo in fretta la giornata, o che essa, vivendola, deludesse le aspettative che in quel momento erano lì custodite e da ammirare.Era un rito alzarsi, poggiare i piedi sulle mattonelle fresche, indugiare a sentire l’aria sulle gambe, il tempo fresco e dilatato dei giorni di festa.